La madre svegliò i due bambini dolcemente, incoraggiandoli ad alzarsi dai loro letti di legno scuro, perché erano arrivati i nonni che li avrebbero accompagnati alla scuola materna; mentre lei, dopo aver preparato loro la colazione, si sarebbe recata al lavoro come aveva già fatto il padre.
Una volta consumato il pasto, i due piccoli, un maschio di cinque anni ed una femmina di tre, seguirono i nonni fuori dalla porta dell’abitazione e nell’atrio del secondo piano dove viveva la famiglia incontrarono la vicina, un’amica della madre, che stava accompagnando a scuola i suoi figli, una bambina di sei anni e un bambino di quattro.
Scesi fino ai parcheggi condominiali, nonni e nipoti salirono su una Fiat Punto e partirono alla volta della scuola in via Garibaldi; durante il tragitto la nonna, una signora bassa e robusta, com’era abitudine, fece pronunciare ai piccoli le preghiere elementari (quando dormivano da loro pronunciava anche il Salve regina), infine il nonno accompagnò i due all’interno dell’edificio e li salutò.
Mentre la bambina si diresse alla sezione Lilla, il nostro protagonista raggiunse la sezione Rossi dove incontrò tre suoi amici, un bambino siciliano, il figlio di un uomo che lavorava all’hotel del paese e un terzo bambino.
Entrati nell’aula, furono accolti dalla maestra e dal maestro. Al nostro protagonista i maestri piacevano, in particolare il maschio, perché quando non gli andava di mangiare qualcosa lui la prendeva per darla al suo gatto (che a quanto pare si trovava in SIcilia) e soprattutto perché gli aveva insegnato la sua canzone preferita, che continuava a cantare a casa, “C’era un ragazzo”.
La giornata proseguì tranquilla tra lavoretti e canzoni, finché arrivò l’ora di pranzo. I piccoli raggiunsero i loro armadietti e tirarono fuori i bavaglini; quello del nostro era bianco con i bordi scozzesi.
Pur non essendo molto sicuri, avendo subito il piccolo protagonista furto di un Paile arancione scuro, quegli armadietti rimanevano l’unico argine al caos che dei bambini così piccoli avrebbero sicuramente creato.
Terminato il pranzo, una parte del quale finito prima sui bavaglini e poi per terra, i maestri accompagnarono le varie sezioni in giardino dove, tra le tartarughe di sabbia, piccoli scivoli e una casetta di mattoncini rossi, si consumava da ormai un anno la faida tra Rossi e Verdi.
Terminata anche questa incombenza, il nostro si diresse verso la stanza del riposo: buia, illuminata da una lampadina fioca e dove erano disposte alcune piccole brandine e lettini.
A lui non interessava molto dormire, ma in quella stanza, una maestra, alla luce della lampadina, avrebbe letto una storia e lui voleva ascoltarla, e la ascoltò tutta, dopodiché si addormentò come gli altri. (per chi se lo stesse chiedendo il protagonista della storia era Pippo)
Venne svegliato poi dalla stessa maestra che lo informò che il nonno era passato a prenderlo e quindi si alzò e si diresse all’uscita, dove l’uomo, alto e robusto (leggermente in sovrappeso), lo prese per mano e raggiunsero la macchina.
L’auto si fermò nello spiazzo di un vecchio casolare ai margini del centro del paese, e il bambino capì di essere da Aristide, il parrucchiere amico del nonno. Entrati nel locale il proprietario li salutò calorosamente e li fece accomodare su due sedie che fungevano da sala d’aspetto.
“Tanto meglio” pensò il protagonista che si avventò sui Diabolik posti su un tavolino e che lesse avidamente. Dopo aver finito con il cliente precedente, Aristide preparò il seggiolino ed invitò il bambino a sedersi.
La zona di lavoro era semplice, niente a che vedere con saloni platinati all’ultima moda o loro pacchiane imitazioni dozzinali ; c’erano solo tre postazioni, due grossi specchi circondati da una cornice di legno, due lavandini con accanto forbici, pettini, rasoi e, cosa più importante per un bambino (o almeno per il nostro protagonista), un intero barattolo di caramelle alla frutta.
Finito con il taglio, durante il quale il parrucchiere utilizzò l’odiato spruzzino, il piccolo chiese ed ottenne tre caramelle, quindi, con il nonno, si diresse verso uno spiazzo dove era presente un’edicola.
Salutò l’anziano gestore e chiese, con l’ultimo numero di Topolino, anche dieci (dico DIECI) pacchetti di figurine pagando il tutto meno di 6.000 Lire (2.500 Topolino, 2.500 i pacchetti delle figurine). Quello per le figurine fu un amore che nacque con sua sorella, perché mentre sua madre dava alla la piccola, il nostro protagonista scoprì quel magico mondo.
Conclusa la transazione, il piccolo porse con la mano destra, le due caramelle all’anziano edicolante, il quale aveva il suo stesso nome, che accettò con un sorriso porgendogli in cambio un pacchetto extra. Quell’uomo gentile e solare purtroppo morì meno di un anno dopo.