1995- i giorni della prima nuotata finale

La mattina dopo era sabato, A e la sorella vennero svegliati dalla madre che aveva preparato loro la colazione.

La cucina era un locale lungo e stretto, con un  tavolo posizionato di fronte al banco della cucina, un set unico con sportelli di legno chiaro, e sotto un davanzale anch’esso in legno dove, insieme a diversi libri di cucina, era stata abbandonata una borraccia con la faccia di Prezzemolo che la famiglia aveva comprato a Gardaland.

Ad A non piaceva un granché quel grande parco divertimenti, soprattutto a causa dell’attrazione chiamata “Safari Africano” al cui interno era presente un inquietante gorilla gigante animatronic oggi in pensione (brucia all’inferno lurido primate meccanico).

Dalla finestra aperta del salotto arrivavano i suoni lontani del Luna Park allestito non lontano dal complesso condominiale, nei pressi del centro sportivo locale.

La colazione consistette in pane e Nutella ed un bicchiere di latte, addolcito da una generosa cucchiaiata di zucchero (a volte era miele).

Una volta concluso il pasto, A venne chiamato dalla madre in camera sua dove partecipò al riordino del letto dei genitori.

Era questo uno strano rito che prevedeva la partecipazione di due persone che dovevano trovarsi ai due lati del letto, dopo aver eseguito un passaggio del riassetto (ad esempio stendere la coperta) le posizioni dei due si dovevano invertire.

Al termine della “giostra” i tre membri della famiglia uscirono di casa per andare a far la spesa in un market che si trovava tra la residenza e la scuola materna.

Il viaggio fu breve (300-400 metri al massimo) e quasi interamente percorso su un marciapiede che fungeva anche da pista ciclabile ed ai cui lati, ad intervalli semiregolari, erano piazzate panchine in ferro di fronte alle quali erano disposti altrettanti cestini in cemento con tettucci rosso acceso.

Superarono dapprima il cantiere di una villetta in costruzione da almeno quattro anni, poi un distributore della Shell la cui insegna luminosa con una grande conchiglia gialla dai contorni rossi era visibile anche dal giardino del complesso.

Superata una piccola stradina che conduceva al centro sportivo, si trovarono alla loro destra un piccolo negozio di articoli sportivi privo di un reale parcheggio, sicuramente una delle cause che ne decretarono il fallimento (così come quello di almeno altri due esercizi aperti in seguito), ed infine giunsero a destinazione.

Il market non era molto grande e fungeva anche da piano terra per un condominio; all’ingresso i proprietari avevano messo una di quelle macchinette che erogavano palline rimbalzanti mentre all’interno c’era un “reparto” dolci molto fornito, soprattutto l’angolo delle caramelle, divise per tipo in cassetti di plastica da cui venivano prelevate grazie ad un cucchiaio bianco di plastica.

Dopo aver “aiutato” la madre con la spesa, mentre lei faceva la fila alla cassa, i due bambini corsero fuori e dal momento che era una calda mattina d’estate la aspettarono all’ombra, seduti su un dondolo coperto posizionato accanto alla postazione dei carrelli.

Tornarono poi a casa dove A  passò il tempo che rimaneva prima di pranzo in camera, dove attaccò le figurine acquistate il giorno prima e finì di leggere Topolino, una lettura che lo appassionava al punto da spingere la madre e la nonna materna, quando era piccolo, ad avvolgere con alcune strisce un biberon di the per fargli bere quella brodaglia dolciastra (tentativi falliti).

Pranzarono tutti e quattro insieme, mentre dalla Tv scorrevano le immagini del TG5allora presentato da un giovane Enrico Mentana.

Nel primo pomeriggio A ed il padre andarono alla piscina del complesso residenziale, superarono il portico circondato da cespugli su cui crescevano piccoli fiori bianchi, una parte del grande giardino condominiale dove giocavano insieme ai figli dei vicini, ed il campo da tennis in terra rossa  dove si tenevano alcuni corsi.

Giunti alla piscina c’era un piccolo gruppo di persone: la madre e la sorella di A, i nonni materni, la vicina con i figli e il portinaio del complesso, il signor M.

Attraversarono rapidamente il lavapiedi posto, insieme ad una porta girevole, all’ingresso dell’area piscina.

Non gli piaceva passare da lì, in primo luogo perché l’acqua era decisamente fredda e poi perché una volta uscito si sentiva le ciabattine blu con decorate con fumettistici scenari tropicali, per questo, ogni volta che riusciva, tendeva a costeggiarlo, evitando così di bagnarsi i piedi.

I due posarono gli accappatoi su un lettino di plastica, dopodiché entrarono in acqua usando la scaletta, il padre tranquillamente, il bambino invece esitando finché, con un rapido spostamento, non si afferrò al bordo della piscina, intenzionato a non muoversi.

Il padre iniziò però ad incoraggiarlo, invitando a raggiungerlo, staccandosi dal suo approdo sicuro avventurandosi, seppur di pochi centimetri verso il centro della piscina.

Il piccolo A non aveva però intenzione di muoversi; all’improvviso però dal pubblico partirono incoraggiamenti che, uniti alle richieste e alle rassicurazioni del padre, lo spinsero a staccarsi spingendosi con le gambe.

Quando parve sul punto di raggiungere il padre però, questi si allontanò quanto bastava perché A afferrasse solo l’aria.

La mancanza di un appoggio sicuro spaventò il bambino che per un attimo finì sott’acqua, riemergendo pochissimi istanti dopo, quando iniziò ad agitare freneticamente braccia e gambe.

Il pubblico continuò ad incitarlo, il padre ad incoraggiarlo a raggiungerlo, il piccolo agitava disperatamente gli erti nel tentativo di rimanere a galla e per qualche ragione a lui sconosciuta iniziò quasi involontariamente a muoversi in avanti.

Continuava a volgere rapidamente lo sguardo ora al pubblico, ora al padre, alla ricerca di aiuto senza però trovarlo almeno finché non si accorse di aver raggiunto il genitore che lo stava rassicurando, mentre dalla piccola folla giunsero degli applausi.

Ancora spaventato dall’esperienza, il bambino uscì dall’acqua e si avvolse velocemente nel suo piccolo accappatoio giallo ed insieme al padre tornarono all’appartamento dove si fece una doccia.

Il giorno dopo il padre, forse per “farsi perdonare”, portò A nella in uno dei negozi della catena di supermercati per cui lavorava e si divertì moltissimo. Alcuni impiegati salutarono e parlarono con il genitore rivolgendosi anche a lui ed uno di loro, “addirittura”, si lasciò aiutare a riempire un piccolo ripiano con le confezioni di vari cereali.

Al ritorno poi, una volta giunti al cancellone che consentiva l’accesso alla struttura, lo lasciò guidare (naturalmente con una sua mano salda sul volante) per il brevissimo tragitto fino al loro garage.

Quella sera cenarono mangiando toast caldi ripieni di formaggio e prosciutto, latte e un uovo alla coque che poggiava su un piccolo contenitore di plastica giallo; questa ricorrenza era stranamente chiamata cena dei pastrugni.

Dopo cena la vicina di offrì di portare i due bambini insieme a lei e ai figli a prendere un gelato alla gelateria vicino alla piazza del paese(oggi al suo posto c’è un “parrucchiere per signora” o un centro estetico).

Al ritorno, per un breve tratto di strada, la signora M.P. alternò brevi scatti a frenate, cosa che fece divertire i suoi quattro piccoli passeggeri.

Quella sera ebbe nuovamente quell’incubo, quello in cui, durante una gita su un gatto delle nevi incredibilmente e inverosimilmente grande, un ragazzino somigliante al protagonista dei fumetti presenti nell’enigmistica per bambini che ogni tanto comprava e che aveva occhi innaturalmente piccoli, con uno sguardo maligno, pianificava di nuocere all’intera scolaresca o almeno alla loro guida, rassomigliante invece ad un personaggio femminile presente nelle barzellette illustrate sulla settimana enigmistica che acquistavano solitamente il nonno paterno e la zia di Salò.

Non era mai rimasto abbastanza nel sogno per sapere quale fosse il folle piano di quell’inquietante ragazzo, né se lo avesse mai portato a termine perché, come in quest’occasione, in passato si svegliava prima di scoprirlo e con il passare degli anni svanì dai suoi sogni, per fare posto a nuovi desideri, nuovi sogni e nuovi incubi.

Più avanti scoprì che gli incubi possono essere fatti ad occhi aperti,  ma questa è un altra storia.

 

 

 

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