Lo scontro tra democrazia e oligarchia nella Grecia antica.

ESCHILO E IL DIBATTITO SUL DIRITTO

Nell’opera Orestea, il poeta Eschilo si scagliò accanitamente contro il ciclo colpa-giustizia-vendetta ritenuta propria di un diritto arcaico/naturale rappresentato, nella situazione del processo ad Oreste, dalle Erinni.

Nella sentenza le ragioni di queste ultime, benché riconosciute, risultano perdenti grazie all’intervento della dea Atena che si richiama alla superiorità della legge umana (diritto positivo), unico argine tanto all’anarchia quanto al dispotismo; i nomoi esprimevano quindi la saggezza della polis.

A differenza di Esiodo, Eschilo divise il diritto in naturale e positivo, il primo concesso dalle divinità, il secondo frutto delle fatiche dell’uomo e quindi superiori al primo.

Con il tempo si svilupparono correnti di pensiero ostili a tale primato considerando il diritto positivo parziale e sottomesso a logiche di potere.

Nell’Antigone Sofocle oppose al diritto positivo, rappresentato dal tiranno Creonte, che vuole seppellire uno dei nipoti che si sono scontrati e non l’altro, ed un diritto eterno moralmente superiore, rappresentato dalla protagonista.

I sofisti, “professionisti” della politica utilizzati spesso dai politici per formulare i propri discorsi, attraverso i Dissoi Logoi ( discorsi doppi) misero in luce i difetti di entrambi i diritti difendendone le tesi.

Essi sostennero la difformità del diritto positivo rispetto alla natura fisica ma al contempo identificarono il fondamento della giustizia non nella semplice deduzione dalla natura  bensì nella convenzionalità del diritto stesso all’interno della società.

LA TIRANNIDE E LE NUOVE FORME DI GOVERNO

Con la crisi del sistema sociale basato sulla divisione in ghenos, sullo scacchiere politico si impose la figura del tiranno.

Dobbiamo qui precisare che l’iniziale concetto di tiranno non aveva valenza unicamente negativa; infatti era usuale distinguere i buoni tiranni dai cattivi.

Con il divenire del tempo la tirannide divenne sempre più invisa alla massa e alle famiglie aristocratiche; l’incapacità dimostrata dei tiranni nell’istituzionalizzazione e regolamentazione del proprio potere (come avverrà a Roma con la figura del dittatore) segnarono la fine del loro regime.

Si formò allora un dibattito intorno alla forma migliore di governo; esempio perfetto dell’importanza della discussione è il libro III delle Storie di Erodoto.

La storia è ambientata in Persia e si apre con un complotto ai danni del Gran Re Cambise e la presa del potere da parte di un Mago e il successivo complotto che ha portato alla caduta del suo regime.

Tre dei congiurati, in seguito al complotto riuscito, si interrogano su quale forma di governo dovrebbe assumere la Persia:

  • Otane: ostile al ritorno di Cambise, sostiene il Plethos (governo del popolo) basato sull’Isonomia (uguaglianza) poiché allontanerebbe prepotenza e sopraffazione, inoltre il potere è soggetto a variazioni e controlli da parte di un’assemblea.
  • Megabizo: sostenitore del governo dei migliori (oligarchia) contro la Tyrannis del sovrano e l’ignoranza della massa.
  • Dario: sostiene la monarchia, contrario al potere oligarchico perché creerebbe conflitto tra le famiglie e alla democrazia il cui obiettivo è la concordia, non il bene.

LA REALTÀ ATENIESE

Ad Atene si consumò, fin dagli ultimi decenni dell’età arcaica, un conflitto filosofico, politico e talvolta armato tra sostenitori del governo democratico e oligarchico.

La maggior parte dei filosofi, membri dell’aristocrazia ateniese, sostennero la necessità di un governo oligarchico poiché la democrazia avrebbe dato poteri agli ignoranti, parti di quella massa considerata solo nella sua quantità e non nella sua qualità.

Tra i sostenitori della democrazia possiamo annoverare Solone, arconte (massima carica giudiziaria)  che nel 594 a.C., allo scopo di ridurre il potere delle famiglie aristocratiche, introdusse numerose riforme che però scontentarono tutte le classi sociali e gli scontri che dilaniavano la città non si estinsero ed anzi si aggravarono.

A partire dalle riforme di Solone il partito democratico si radicalizzò allargando il numero di cittadini partecipi alla vita politica della polis attraverso l’Ekklesia (assemblea di tutti i cittadini maggiorenni) il cui compiti eerano discutere e votare le proposte della Boulé (consiglio dei 5000) che controllava l’operato dei magistrati.

Oltre all’allargamento della democrazia però vennero introdotte pratiche di natura fortemente populista e che vennero soventemente utilizzate dai leader per eliminare elementi a loro ostili o semplicemente ritenuti tali. Una pratica che riassume perfettamente questo uso  è l’ostracismo che passò dall’essere uno strumento per difendere la democrazia ad arma, appunto, atta a garantire il potere dei politici “democratici”.

Con la sconfitta dell’imperialismo ateniese nella guerra del Peloponneso, la polis venne dominata dal regime dei Trenta Tiranni, i quali si dimostrarono incapaci di mantenere il potere che tornò nelle mani del partito democratico grazie a Trasibulo che però si trovò davanti un fronte oligarchico compatto attorno a figure come Crizia e Senofonte.

Senofonte in particolare, famoso sopratutto per l’Anabasi, rimproverò al partito democratico il suo imperialismo ipocrita il quale imponeva agli “alleati” una totale sottomissione alla supremazia Attica.

Amico del re spartano Agesilao (che gli offrì asilo dopo il suo esilio da Atene) e ammiratore del Gran re Ciro il grande, da lui presentato come sovrano perfetto, che governa il proprio popolo con l’autorità e l’amore di un padre, Senofonte si dichiarò sempre nemico di quel governo di dilettanti che veniva chiamato democrazia, dove anche un pescivendolo e un bottegaio poteva ambire alle più alte cariche senza possedere alcuna virtù politica.

La stessa ostilità però Senofonte la mostrò nei confronti di quegli aristocratici i quali ritenevano il potere politico una propria prerogativa di sangue; egli infatti ritenne che il potere dovesse essere custodito nelle mani di un’oligarchia di sapienti, adeguatamente selezionata e formata da un sistema educativo di tipo spartano.

CONCLUSIONI

Benché il governo dei savi prospettato da Senofonte sia teoricamente affascinante, nella realtà dei fatti degenererebbe rapidamente in una tirannide oligarchica di altezzosi e boriosi amanti della propria persona e potere.

La democrazia non è perfetta, il popolo soventemente si lascia abbindolare dalle sfavillanti luci della retorica populista e dalla tranquilla metafora del focolare, ma ha altersì al suo interno le gabbie entro cui confinare le bestie che lei stessa (che sia rappresentativa o diretta) produce.